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Giornata Glossopoietica Italiana

Numero Uno: Firenze, Domenica 7 Dicembre 1997

"Un cavallo bianco non è un cavallo"

Maurizio Gavioli

Dunque, a grande richiesta e sperando di non fare arrosti, ecco la storia.
Premetto che non ho sottomano la mia grammatica di cinese e sono anni che non la tocco più, quindi posso sbagliare i dettagli, ma la sostanza dovrebbe essere corretta. Se qualcuno ha correzioni o integrazioni da fare, è benvenuto.
Si stava parlando della teoria di Sapir-Whorf (o comunque si scrivano quei nomi), secondo la quale le categorie del pensare influenzano le categorie del dire e si osservava che, forse, è più vero (o altrettanto vero) il contrario: le categorie del dire influenzano la categorie del pensare (uso "categorie" in senso aristotelico, ovviamente; ammesso che sappia qual è).
Come per esempio nella diatriba sul cavallo bianco che infiammò per alcuni secoli la filosofia cinese.
In realtà, dal nostro punto di vista il problema è doppio:
 1) da un lato, risolvere, con i nostri strumenti, il loro problema,
 2) dall'altro, e prima ancora, capire qual era il problema.
La formulazione originale era diversa, ma comportava una frase interrogativa distributiva che pone alcuni problemi di traduzione. Preferisco quindi riformulare il problema in questo modo (equivalente):
<< Data la frase: "Un cavallo bianco non &grave; un cavallo", questa frase è giusta o sbagliata? >>
Tutto sta in quel non. Bisogna sapere che il cinese ha due negazioni, una che nega la frasi sostantivali e una che nega le frasi aggettivali (o predicative) (se la distinzione fra frasi sostantivali e frasi aggettivali non vi torna, non vi preoccupate, è abbastanza tipica del cinese...).
In altre parole, nelle due frasi:
 "Questo non è un cavallo"
e
 "Questo cavallo non è bianco"
si usano due non diversi. E la negazione usata nel problema ("Un cavallo bianco non è un cavallo") è quella sbagliata, cioè quella predicativa, non quella sostantiva!
Se si fosse usata la negazione sostantiva, non vi sarebbero stati dubbi: la frase è sbagliata, perché un cavallo bianco è un cavallo, anche per i cinesi.
Ma se si usa la negazione predicativa, arrivando così a una frase non grammaticale nella lingua quotidiana, ma probabilmente grammaticale in un senso tecnico filosofico, le cose si complicano.
Per sintetizzare una lunga storia, alla fine la conclusione prevalente cui si giunse fu che la frase era giusta: un cavallo bianco predicativamente-non è un cavallo.
Il che è ovvio anche per noi: il predicato {cavallo bianco} è diverso dal predicato {cavallo}.
Il succo (o uno dei succhi possibili) è che, mentre la filosofia greca arrivò a quel risultato attraverso un formalismo (quello aristotelico), basato sulla lingua greca, ma distinto da essa (perché introduceva distinzioni non presenti nella lingua), la filosofia cinese arrivò al medesimo risultato riflettendo sulla lingua stessa e sulle sue caratteristiche.
Poi fate voi...

Claudio Gnoli

Tutto ciò mi stimola a riflettere sullo spazio semantico coperto dalla copula.
Nelle lingue europee, compreso il greco antico che è la lingua delle origini della filosofia occidentale, esiste una sola copula affermativa: X è Y e una sola negativa (composta di due parole): X non-è Y. Ma forse in una lingua diversa, come il cinese oppure una lingua artificiale, possono esistere sfumature più sottili.
Per esempio per Liva sto immaginando di avere diverse "copule" come: X è [contingentemente] Y, es. il cavallo è stanco X è [essenzialmente] Y, es. il cavallo è un mammifero X è-per-definizione Y, X equivale-a Y eccetera. Confronta anche le diverse negazioni in lojban: X è-altro-da Y, X è-non Y, ecc.
Qualche idea?

Maurizio Gavioli

L'idea è interessante, ma va osservato che questo non è il caso del cinese: in cinese, infatti, la struttura della frase (l'uso della copula o meno) non dipende dal tipo di rapporto che c'è fra soggetto e predicato (essere contingente, essere sostanziale, essere per tradizione, essere per convenzione accettata a maggioranza, essere perché stamattina mi sento così...), ma dipende interamente da come è il predicato: se è un nome si una certa struttura, se è un verbo (aggettivi inclusi) se ne usa un'altra.

Mi sa che devo aggiungere alcuni altri dettagli.
In cinese, come in molte altre lingue, un cavallo non è bianco, ma, in un certo senso, "biancheggia". Nella frase "questo è un cavallo" c'è una parola (shi) che corrisponde al nostro verbo essere; "cavallo" appartiene infatti ad una certa classe di parole che possiamo chiamare "nomi". Le frasi nominali affermative si fanno con shi. "bianco", invece, appartiene ad un'altra classe di parole che contiene (quelli che per noi sono) gli aggettivi e i verbi. Con questa classe, le frasi (es. "questo cavallo è bianco") non contengono alcuna copula (come se dicessimo "questo cavallo bianco"). Queste frasi sono del tutto isomorfe a, per esempio, "questo cavallo corre". Chiaro, no? Si? Davvero? Beati voi...
Dal punto di vista cinese, nelle lingue IE esistono (almeno) tre classi di frasi affermative:

  1. le frasi del tipo "questo è un cavallo", parallele alle frasi nominali cinesi;
  2. le frasi del tipo "questo è bianco", in cui per incomprensibili motivi, ci si ostina a voler mettere una copula;
  3. le frasi del tipo "questo corre", in cui, come Confucio comanda, non si mette alcuna copula.

Ma esaminiamo lo stesso problema in Kinya...


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